Marta non crede di essere la persona più indicata per parlare di figli in quanto non ne ha avuti. Quando candidamente lo ammette, durante amene conversazioni tra conoscenti, viene accarezzata da sguardi che vanno dal compassionevole, “poverina non sai che ti perdi”, all’invidioso, “buon per te, non ti perdi niente”.
In realtà non ha mai avuto una grande smania di maternità; il ciclo l’ha sempre considerato una gran rottura di scatole, e la possibilità di procreare è stata vissuta con terrore durante la giovinezza, specie dopo idilliaci momenti a due, in cui la fiamma della passione aveva tirato un gran calcio nel sedere al buon senso, e si ritrovava a fine mese davanti a un test di gravidanza che non le diceva né sì, né no a causa della fretta e di una mano maldestra.
Quando le chiedono se il fatto di non aver avuto figli la disturba, Marta non sa che rispondere.
Sinceramente non lo sa.
Può solo dire che le sue giornate sono piene e parecchio soddisfacenti. Certo, davanti ai bimbi le viene automatico sorridere e far loro i complimenti, e se qualcuno è particolarmente simpatico o carino, per un attimo si trova a desiderare che fosse suo. Giusto il tempo di uno sbatter d’ali dura questo pensiero, subito sostituito dall’entusiasmo per un progetto nuovo, un viaggio, degli amici da incontrare o una cena a tema da preparare.
Si può essere felici anche con molto altro, si dice.
Marta proviene da una famiglia litigiosa, in cui babbo e mamma si scannavano peggio di cane e gatto, un giorno sì e l’altro pure.
Da ragazzina era arrivata a pensare che avrebbe preferito non avere figli, se per pessimo carattere o impegni sopraggiunti, non fosse stata in grado di accudirli come meritavano, rischiando di farli soffrire come avevano fatto con lei i suoi genitori.
All’evidenza dei fatti ritiene di essere stata ascoltata, considerando che pazienza e calma non rientrano tra le sue virtù migliori.
Tuttavia pur non essendo madre, quando si trova in giro, non può fare a meno di osservare i figli degli altri e trarre delle considerazioni.
Ai suoi tempi il riposo dei piccoli era sacro, massimo alle nove a letto e senza giornalino. Ai pasti solo cibi sani e digeribili, pastina in bianco a pranzo, minestrina a cena, poca televisione, favole con castelli, lupi e principesse prima della nanna, e durante il giorno tanti giochi e corse con i coetanei.
Sarà per la fretta o per la cronica mancanza di tempo, fatto sta che oggi nota nelle famiglie una generalizzata inversione di tendenza: passeggini e carrozzine con pargoli in dormiveglia, stazionano a notte inoltrata, dimenticati, negli angoli di chiassosi bar o ristoranti; fanciulli bizzosi o inappetenti domati da un cartone animato trasmesso su youtube, ripetuto all’infinito da piccole dita che ancora non sanno tenere una forchetta in mano, ma scorrono sul display del telefonino con la destrezza di un hacker esperto. Mangiano quel che gli va, bevono coca cola o tè a litri e sembrano già stressati mentre discutono agitati con gli amichetti.
Ecco, quando lo sguardo cade su quei bimbetti le si stringe il cuore, e si chiede se nonostante tutti i suoi impegni, i blocchi e le paure con cui si è sempre flagellata, forse avrebbe saputo essere un genitore migliore?

di Laura Gronchi