Ricordo di essermi chiesta per quale motivo eravamo lì; poi il fatto che tu fossi con me mi ha distratta e non ci ho più pensato.
Venendo via dal paesello dove eri nato non prendersti la solita strada di sempre, ma decidesti di percorrere quella più in pendenza, quella molto più ripida, la stessa che da bambino percorrevi in bicicletta insieme ai tuoi per venire giù in città, quella che se non avevi i freni perfettamente unzionanti ti faceva finire dritto in Arno.
Passammo sotto l’arco incastonato fra i mattoni scoscesi delle vecchie mura.
Mi parve strano perchè non ricordavo che ci fossero e cosa ancora più strana, oltre quel varco, il paesaggio cambiava completamente.
Pur essendo primavera inoltrata, lì era tutto ricoperto da una candida coltre di neve.

In un primo momento ti mostrasti dispiaciuto per aver scelto quella strada, poi però fiocchi bianchi e soffici iniziarono a scendere e fu in quel momento che tu, rivolgendoti a me, usasti di nuovo quel vezzeggiativo che già altre volte avevi usato, quel diminutivo del mio nome che era la dimostrazione di tutto l’amore che provavi per me e poi mi facesti notare che, visto l’imminente arrivo dell’estate, quel manto bianco non sarebbe rimasto lì a lungo e se non volevo perdere l’occasione avrei dovuto scendere dalla macchina e tuffarci le mani.
Io però non ne ebbi il tempo; tu tirasti fuori la tua macchina fotografica e scattasti una foto e poi un’altra e un’altra ancora.
Anche io ne scattai un paio a te col mio cellulare.
Poi d’improvviso quella melodia, quella canzone di Rick Astley; la mia sveglia che suonava.
Apro gli occhi con un po’ di amaro in bocca; tu sei rimasto lì.
Anche se io so di averti portato comunque con me.
E mentre do un’occhiata veloce tra le ultime foto salvate sul mio telefono, mi crogiolo ancora un po’ in quella piacevole sensazione che il nostro “incontro” mi ha lasciato.
Alla prossima, babbo.
Di Silvia Taccagni
Dolcissimo i ricordi dei sogni con loro accanto a noi. La mattina ci sentiamo meglio, sembra di averli di nuovo a fianco, almeno per un po’.
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