Giovanna esce dal supermercato con due piantine avvolte nella plastica trasparente strette al petto, le chiavi dell’auto già pronte nell’altra mano. Nota una coppia anziana che bisticcia poco lontano, vicino al recinto dei carrelli, e il pensiero va ai suoi genitori. Rammenta una calda sera estiva, in cui lei e i suoi tornavano a casa da una passeggiata, passando attraverso la pineta. All’improvviso c’era stato un blackout e i lampioni si erano spenti, il tragitto era diventato arduo nel buio pesto.
Suo padre, come un mulo con il paraocchi, aveva continuato dritto dal punto in cui si trovava, inciampando e bestemmiando di continuo, contro le numerose radici che fiancheggiavano il vialetto sterrato; parevano stare lì solo per fagli dispetto.
Anche la madre, al pari del marito, aveva seguitato ad avanzare tentoni tra mucchi di aghi di pino e sassi, lagnandosi sotto voce del comune che non puliva, non tappava le buche e non faceva manutenzione all’illuminazione.
Soltanto lei aveva approfittato del chiarore della luna per portarsi sulla parte di sentiero in buone condizioni, e proseguire senza intoppi.
«Ehi, seguitemi. Qui si cammina benissimo», li aveva esortati vedendoli in difficoltà.
«Chetati rompicoglioni!» l’aveva benedetta il padre, ignorando il consiglio.
«Ormai siamo quasi arrivati», aveva sbuffato la madre, che stava riprendendo fiato appoggiata a un pino.
Giovanna non se l’era presa, abituata a ben altro. Aveva fatto spallucce e allungato il passo, tanto discutere con loro sarebbe stato tempo perso.
Risente in bocca il sapore dell’invidia provata nei confronti delle amiche, con genitori socievoli e attivi, che le aiutavano in casa, badavano ai nipotini, e magari facevano trovare loro un piatto caldo già pronto, al rientro dal lavoro.
A Giovanna era successo l’inverso, da quando si era sposata i suoi la chiamavano di continuo, lagnandosi di guai veri o presunti, ma soprattutto per fare loro da paciere, durante le liti che ne avevano sempre punteggiato la vita coniugale, e che, con la sua assenza, avevano subito una forte impennata.
A questo pensa Giovanna mentre varca il cancello in ferro battuto, accanto alla bella statua del Cristo benedicente.

Prosegue lungo il corridoio lastricato di travertino chiaro, rimirando soddisfatta le piccole piantine di ciclamini. Sale la rampa di scale che sta in fondo, e in breve è davanti alle due familiari lapidi, incastonate in una parete di nomi sconosciuti.
È da qualche settimana che non viene, nota che i fiori secchi dei vicini soprastanti sono caduti, sporcando le lettere in rilievo e il pavimento.
Vagabondi! pensa tra sé, armandosi di scopa e mocio per ripulire.
Mentre rassetta, parla alle foto mute e per una volta sorridenti dei genitori. «A cosa è servito tutto il vostro litigare? Non sarebbe stato meglio godersela la vita, invece di prendersela per ogni puntiglio?»
Sistema e annaffia i fori, concludendo la visita con la solita breve preghiera: «In qualunque posto siate adesso, mi auguro che abbiate smesso di scannarvi e stiate finalmente in pace.»
di Laura Gronchi
Esperienza simile l’ho vissuta anche io e anche io spero che ora abbiano finalmente trovato pace e vadino d’accordo. Quanto tempo sciupato. Si poteva avere un’esistenza migliore, con padri che adorano tutti i figli, senza far differenze, senza inutili litigi.
Perchè è difficile scrivere di genitori senza intaccare le proprie esperienze, almeno così per me. e mi vien voglia di abbracciarti.
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