Monologo teatrale recitato in occasione della presentazione dell’antologia di racconti “Le Sconfinate” al Giardino delle rose il 31 maggio 2022
Sono Florence Nightingale conosciuta in tutto il mondo come la pioniera dell’assistenza infermieristica fondata sul metodo scientifico, quando prima di me l’assistenza ai bisognosi e ai sofferenti era perlopiù affidata a donne di malaffare, ubriacone, ladruncole e prostitute.
Basti pensare a come Charles Dickens descrive il personaggio di Mrs Gamp, infermiera sporca, disonesta e ubriacona. Ah, quanto ho dovuto lottare, e studiare, per infrangere ahimè, pregiudizi e cattive reputazioni sulla professione più bella del mondo!
Non è stato facile seguire la mia passione, sradicare le idee contorte sull’assistenza ai malati, ritenuta cosa indegna e indecorosa per una signorina del mio ceto ed estrazione sociale. Per questo oggi sono qui, sconfinata tra le sconfinate, perché anch’io ho superato i limiti e le regole di una società vittoriana che mi avrebbe voluta diversa.
Ma andiamo per gradi, vi racconterò brevemente la mia storia, che forse qualcuno di voi conosce già.
Sono nata a Firenze il 12 maggio 1820, a Villa Colombaia, poco distante da qui, quando la mia famiglia era impegnata nel Gran Tour. Che fossi una bambina un po’ bizzarra l’avevano subito capito i miei genitori: amavo molto gli animali (tenni un gufo ferito nascosto in tasca nel viaggio in treno dalla Germania a Londra), nello specifico amavo le creature deboli, svantaggiate, malate, sofferenti, povere, in difetto, forse perché ero consapevole della fortuna di esser nata in una famiglia benestante e non avere avuto mai mancanze di tipo economico e materiale.
A soli 17 anni Dio mi chiamò al suo servizio. Capii subito che il mio destino non era quello comune, finalizzato al divertimento, alla vanità, al piacere dell’intrattenimento, del matrimonio, della maternità, ma qualcosa di più profondo, che andava oltre la realtà abituale che conoscevo, sconfinando nei luoghi della sofferenza, della malattia, del dolore, della povertà che i miei cercavano di non mostrarmi. Io invece, ne ero attratta come un’ape al fiore. La mia curiosità mi spingeva a visitare le persone malate, gli istituti di cura, nonostante i rimproveri e le punizioni di mio padre e mia madre.
Inutili i loro tentativi per farmi desistere da tale proposito. Inutili i corteggiamenti di uomini ai quali rifiutai le proposte di matrimonio. Solo il giovane e ricco borghese Richard Monckton Milnes riuscì a far battere il mio cuore, ma il mio desiderio di aiuto umanitario era ben più radicato del fuoco fatuo della passione amorosa. Caddi più volte in depressione che la mia famiglia cercava di curare mandandomi in giro per il mondo, con una coppia di amici. Con la loro complicità , ho viaggiato in Europa – Germania, Parigi, Roma…- frequentando, osservando, studiando nei numerosi ospedali, cliniche e case di cura. Potete immaginare come tornavo a Londra, completamente rigenerata e felice.
È durante questi viaggi che ho appreso tutto il bene e il male della Sanità. L’esperienza sul campo è stata indispensabile per la mia formazione. Gli studi classici, la matematica, le lingue, lo studio dell’anatomia, dell’organizzazione sanitaria, della statistica hanno fatto tutto il resto.
La svolta decisiva è arrivata con l’amicizia con Sidney Herbert, Ministro della Guerra, che mi spronò a formare un corpo di infermiere in sostegno all’esercito inglese, che riportava immani perdite in battaglia. Era il 1853 ed era scoppiata la Guerra di Crimea, con l’Inghilterra a fianco di Francia e Turchia contro la Russia. Sono passati centinaia di anni da allora e come mi rattrista constatare quanto poco è cambiato!
Insomma, non esitai un solo istante, partii con il gruppo di infermiere alla volta di Scutari sul Bosforo, animata da un grande fervore e volontà di dare finalmente il mio contributo, preparato in tanti anni di studio e osservazione. Avevo 34 anni e tanta energia e passione.
Quello che trovai una volta arrivata al Barracks Hospital, superava ogni mia aspettativa: non avrei mai immaginato tanta degradazione, come un luogo sanitario potesse essere tanto sporco, malsano, inospitale. Era inevitabile che la morte colpisse quei poveri soldati che morivano più per le cattive condizioni igieniche e ambientali che per le ferite riportate in guerra. Insomma per farvela breve, insieme alle mie infermiere riuscimmo a risollevare le sorti dell’esercito inglese e ad abbassare la mortalità dal 42 % al 2%. Dovetti scontrarmi anche col personale medico scettico sul nostro operato, per non dire ostacolante, ma l’abilità diplomatica non mi è mai mancata.
Il miracolo che riuscimmo a compiere si basava esclusivamente su quelli che sono i principi e i cardini dell’assistenza infermieristica e che oggi (dopo centinaia di anni) sono tuttora validi e studiati nell’attuale formazione universitaria.
Vorrei ricordarveli:
Pulizia dell’ambiente al di là del contagio, un ambiente pulito, sanificato è fondamentale per una persona malata, debole, ancora di più che in una persona sana. Ormai lo sapete meglio di me, quanto sia importante il lavaggio della mani ai fini della trasmissione delle infezioni.
Salubrità dell’aria, quanto è importante il ricambio dell’aria, della corretta ventilazione , anche questo lo avete da poco sperimentato. Una curiosità: sapete che la finestra a vasistas l’ho progettata io, per non indirizzare la corrente d’aria direttamente sul paziente?
Salubrità dell’acqua, oggi apriamo il rubinetto e l’acqua è potabile, i recipienti che utilizziamo sono puliti con detergenti che eliminano molti agenti batterici. Ai miei tempi non era così scontato, non vi dico ciò che trovai a Scutari dove l’impianto fognario che separa le acque sporche dalle pulite era pressoché inesistente.
L’importanza della luce, oltre a favorire il buon umore, a risollevare corpo e spirito, la radiazione solare è un’efficace germicida, oggi ampiamente dimostrato.
L’importanza dell’odore, anche l’olfatto è un senso da non trascurare nel malato, un ambiente privo di cattivi odori fastidiosi e insalubri può condizionare in maniera qualitativa la sua guarigione.
L’importanza del cibo, sembra ovvio ma una buona alimentazione è il sottopiatto del processo di guarigione. A Scutari ho fatto arrivare il miglior cuoco di Londra, Alexis Soyer che col suo cibo ha resuscitato anche i morti. A parte l’eufemismo, per un paziente mangiare cibo sano, nutriente e alla giusta temperatura è basilare.
E infine:
L’importanza del calore, mantenere costante la temperatura corporea di una malato.
L’importanza di ambiente tranquillo, senza rumori molesti che agevoli il riposo, il recupero, alternando il ritmo sonno veglia del paziente.
Ecco mi sono dilungata un po’, vi ho descritto sommariamente i principi dell’assistenza, ma al di là della scienza e delle tecniche, voglio sottolineare aspetti altrettanto importanti se non primari come la moralità, lo spirito, il buon animo e sentimento che un’ infermiera deve nutrire e possedere, la passione, competenza, intelligenza, capacità manuali, dedizione, amore per il proprio operato, praticità, capacità di osservazione, integrità morale, e se vogliamo riassumere tutto in un’unica unica frase:
SAPERE, SAPER FARE, SAPER ESSERE.
Sono rientrata a Londra, ancor prima che la guerra finisse. Mi ero ammalata di brucellosi, una malattia invalidante che mi ha accompagnata fino alla fine dei miei giorni. Sono stata acclamata come un’eroina dalla Regina Vittoria per i risultati ottenuti. Ho continuato a lavorare nell’oscurità del mio appartamento a Londra, ho scritto, pubblicato molte opere sul mio lavoro di ricerca sulla formazione infermieristica, ho fondato il prototipo della scuola per infermiere, mi sono occupata di riforme sanitarie a livello internazionale, ho partecipato alla fondazione della Croce Rossa britannica, ho ricevuto meriti di cui non ho interesse a parlarne ora in questo frangente.
Una malattia agli occhi, mi ha privata della vista nell’ultimo periodo della mia vita che si è conclusa all’età di 90 anni. Sì direte voi, sono stata assai longeva, nonostante i miei acciacchi. Chissà, forse i sani principi alla base dell’assistenza, hanno avuto un effetto benefico anche sulla mia persona.
Bene, credo che sia giunto il momento di salutarvi. Vi ringrazio di cuore per avermi ascoltata, nella speranza che continuerete a ricordarmi (adesso che mi conoscete meglio) insieme a tutti i colleghi che ogni giorno negli ospedali, sul territorio, svolgono sulle mie orme questa professione, con scienza, passione e coscienza.
La vostra Florence Nightingale
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