
Nel mentre il capitano Schettino…
Che la realtà superi l’immaginazione è risaputo e in questo libro si conferma più che mai.
È bastato ad Antonella Cipriani raccontare con fedele obiettività la cronaca del naufragio della Costa Concordia, che lei ha vissuto in prima persona, per farla vivere anche ai lettori, attimo per attimo.
L’inizio è lento, dettagliato: l’autrice ci fa respirare l’attesa della vacanza, lo stupore di fronte alla impeccabile organizzazione della crociera, che si manifesta nello splendore degli interni della nave, in ogni dettaglio, nella minuziosa costruzione dell’accoglienza, che fanno già intravedere il susseguirsi dei giorni a venire, che fanno già pregustare inimmaginabili sorprese. E ogni iniziale risposta è già superiore alle aspettative, in un crescendo di scoperte che superano la capacità di previsione.
A questo si aggiunga il piacere di essere in vacanza, di staccarsi dal quotidiano, che offrirà lunghi momenti di relax, assecondati da uno staff che si occuperà di tutto, sottraendo gli ospiti alla necessità di prendere iniziative: l’unica sarà scegliere tra le tante proposte, tutte piacevoli, all’interno delle quali si potrà certamente trovare un’offerta su misura.
Sembra tutto talmente perfetto che si insinua qualche timore: non è possibile, qualcosa dovrà pure non funzionare.
Sarà la data? Quel venerdì 13, che suggerisce un disagio, oppure quella trascuratezza nel non dare spazio, prima della partenza, alla informazione su come affrontare una eventuale, inverosimile emergenza; “intrattenimento” di per sé noioso, che ognuno è ben contento di scansare, ma questa mancanza è una nota stonata.
Eccoci caduti dentro l’incertezza, in un ovattato senso di disagio, di fatalistica sospensione. Come se non sapessimo già che cosa accadrà.
Bisogna saperlo fare di tenere il lettore in sospeso, come in una speranza che le cose possano prendere un’altra strada, e questo Antonella lo ha fatto molto bene. Siamo sospesi, ancora non ci crediamo, ancora abbiamo la speranza che tutto potrà essere diverso, anche se invece conosciamo tutto perfettamente, nei dettagli, molto più di quanto non sappiano ancora i protagonisti di questa assurda vicenda. Inquieta vedere i momenti che precedono un evento disastroso, le persone che vivono come se non ci fosse un mostro in agguato.
Quello che ci mancava era però di vivere passo passo, come hanno vissuto loro, i naufraghi, neanche i più sventurati. E Antonella ci prende per mano e ci accompagna. Non per esibizione, è una sua esigenza rivivere, accompagnata da qualcuno che nell’ascoltare la custodisca dai fantasmi, perché, ora che tutto è finito, nel suo intimo, nel suo immaginario, si ricreeranno mille volte ancora quelle scene, quelle emozioni incontrollabili.
Ma a parte quello che abbiamo poi saputo, vale vivere in questa narrazione il botto, lo scossone, le domande incredule, i passi, le scivolate, i vetri sotto le scarpe; il recupero dei giubbotti salvagente scrupolosamente registrati nella mente, forse per scaramanzia, per tranquillizzare quel sottile tormento che si era insinuato fin dall’inizio, o semplicemente per una fatale coincidenza, che farà la differenza. Poi l’attesa estenuante sul ponte, la rinuncia della prima scialuppa e finalmente quella buona, mentre squillano i cellulari, gli allarmi e le rassicurazioni.
Un racconto che ha ancora il gusto della sorpresa nonostante il lettore sappia già tutto. Antonella ci accompagna con parole scelte, mirate, efficaci, a vivere un’emergenza che ha sfiorato l’irreparabile e per qualcuno lo ha centrato in pieno.
Nel racconto abbiamo anche conosciuto la rete di salvataggio, tanto efficace ed encomiabile quanto tragica è stata invece la gestione dell’evento da parte della società armatoriale. Abbiamo saputo dell’organizzazione dei soccorsi, del calore della gente del Giglio, del coraggio, dell’eroismo senza nome, della professionalità, che hanno trasformato una tragedia in una sequenza di vittorie e di incontri.
Come sempre la scrittura non svela soltanto la capacità di narrare ma anche molto dell’autrice, che è anche protagonista.
Emerge quindi il piglio di due donne, che, pur nello sbigottimento e nel panico, hanno saputo fare le scelte giuste, sospendendo il disorientamento, la inevitabile paura e accendendo il faro della ragione, il senso della solidarietà, la tempestività delle scelte e il coraggio.
Brava Antonella, come scrittrice, come persona.
di Caterina Perrone