«Ne sei sicuro?» chiese il contadino Batà.
«Assolutamente. Me l’ha detto l’impiegato uscito fuori di testa che hanno portato due giorni fa. Appena mi ha visto mi ha indicato e ha detto “Tu sei uno di loro”» disse l’imperatore.
«E io cosa c’entro?»
Enrico IV si strofinò le mani e poi fissò il suo interlocutore dritto negli occhi. «Il piano è che tu crei il diversivo della nostra fuga. Quando avrai uno dei tuoi attacchi… quando avrai… come si chiama?»
«Male di Luna»
«Ecco… quando avrai il Male di Luna tu attirerai verso di te tutti i medici permettendo a me e agli altri la fuga»
«E quindi ti aspetti che io me ne resti qui a marcire? Se vuoi scappare vengo con te»
«Infatti anche tu scapperai. Vedi, una volta che avrai attirato l’attenzione su di te non dovrai fare altro che mettere tutti quanti fuori gioco e poi ci seguirai>
«La fai facile. E dove scapperesti una volta uscito da qui?»
«Non dove. Da chi»
Il contadino non sembrava capire.
«L’uomo responsabile di tutto questo. L’uomo che ci ha fatto finire in questo posto»
«È stata mia moglie a farmi ricoverare qui perché non voleva essere sposata con uno come me»
«Sì, ma chi le ha messo in testa quest’idea? Te lo dico io. L’Autore. La persona che ha creato le nostre vite mettendole su carta»
Batà fece una faccia rassegnata. Sapeva che un uomo che si vestiva come un sovrano del passato potesse essere pazzo, ma quando l’uomo gli aveva detto che in realtà fingeva per non essere incriminato di tentato omicidio aveva pensato di non essere l’unico sano di mente chiuso in quel sanatorio. Ma ora quello stesso tizio gli stava dicendo che le loro vite erano state scritte. Aveva sentito discorsi simili in chiesa, ma Enrico IV voleva incontrare di persona questo autore, come se fosse un uomo in carne e ossa, e non l’Onnipotente. Era sicuramente un folle.
L’imperatore sembrava aver intuito i pensieri del siciliano, perché interruppe il silenzio. «Ascolta, quel ragioniere, Belluca, quello internato per aver parlato di “un treno che fischiava” ha detto che il nostro autore ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura e che partirà per il Nord Europa a breve. Mi ha detto di averlo visto in una sua visione. È la nostra unica possibilità per mettere di nuovo in sesto le nostre vite»
«E chi ti seguirebbe? Oltre al tizio del treno?»
«Verrebbero con noi anche Vitangelo Mostarda, lo schizofrenico che dice di essere “Uno, nessuno e centomila”, e il cinematografaro, Serafino Gubbio, quello che è finito sui giornali per aver ucciso l’attrice russa e che poi è sopravvissuto all’attacco della tigre. Non si era più ripreso, ma quando gli ho raccontato la storia che mi ha riferito Belluca è sembrato tornare un po’ in sé»
«E come faremo a raggiungere questo “Autore”? Se fuggiamo ci metteranno le guardie e i militari addosso»
«Un falsario di nome Mattia Pascal ci procurerà dei documenti falsi che ci permetteranno di girare liberamente per il Regno. Ci resta solo sapere quando potremo scappare. Quando ci sarà la prossima luna piena?»
«Tra due settimane. Non è una cosa piacevole, Enrico. Potrei fare del male a qualcuno»
«E non pensi al male che l’Autore ha fatto a noi? Ci ha fatto vivere delle vite per poi togliercele e renderle leggibili per i suoi lettori. Non è giusto. Dobbiamo riprenderci il nostro destino»
Due medici lì accanto si guardarono e sorrisero.
«Forse dovremmo smettere di far leggere ai pazienti i testi di Pirandello. L’esperimento sta avendo una svolta drammatica, troppo pirandelliana»
«Peccato. Speravo che leggere libri sulla follia e sull’identità li avrebbe aiutati»
