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Antonella Cipriani legge “Un giorno questo dolore ti sarà utile” di Peter Cameron

È stata davvero una felice sorpresa Un giorno questo dolore ti sarà utile di Peter Cameron, autore di cui avevo letto solo qualche recensione sui social e niente di più. Premetto che adoro la letteratura americana, il primo passo col piede giusto l’ho fatto io, l’autore tutto il resto.

Il libro potrebbe essere definito un romanzo di formazione, ma è molto di più, e lo si capisce subito dalle prime pagine. La storia è ambientata in una New York ancora sconvolta dall’attentato delle Torri Gemelle. Siamo a fine luglio del 2003, e le date all’inizio di ogni capitolo scandiscono il periodo narrato – in tutto appena tre mesi – anche se si alternano flashback funzionali alla storia principale.

James Sveck è un ragazzo di diciotto anni, molto intelligente e assai più maturo e sensibile dei ragazzi della sua età. Lavora nella galleria d’arte della madre, come intrattenitore dei pochi clienti che accoglie, nell’attesa a settembre di frequentare l’Università, aspettativa più dei suoi familiari, che propria. Ama la solitudine, e per lui ciò non rappresenta un problema anzi, in quanto come la definisce lui stesso è un bisogno primario come l’acqua e il cibo, ma ho capito che non lo è per tutti. Io mi sento me stesso solamente quando sono solo… Le persone , almeno per quel che ho visto fino adesso, non dicono granché di interessante. Parlano delle loro vite, e le loro vite non sono interessanti… secondo me bisognerebbe parlare solo se si ha da dire qualcosa di interessante o di necessario… Non mi piace la gente, e in particolare non mi piacciono i miei coetanei, cioè quelli che popolano l’università.

Circondato da una famiglia assai nevroticache lo definisce un disadattato, James si estrania anche dal loro modo di vivere. La madre è appena reduce dal fallimento del terzo matrimonio, la sorella insoddisfatta aspira ad amori impossibili con uomini più grandi e sposati, il padre, affermato uomo d’affari, rincorre una perduta giovinezza. Soltanto la nonna, Nanette – così si fa chiamare – è il rifugio velato d’incanto e magia, il porto sicuro dove James può sempre approdare. Figura emblematica, donna saggia, positiva e ottimista, si esprime senza mai dar giudizio, lo consiglia senza imporre il suo punto di vista, lo accompagna nelle scelte senza condizionarlo. Sincero e tenero il loro rapporto, con la chiusura finale – che non svelerò assolutamente – in cui esplode tutta la verità e la potenza d’animo di questo ragazzo costretto a crescere, nonostante tutto.

È interessante notare che ogni personaggio vive nella propria solitudine non dichiarata, ma tangibile e concreta, molto più di quella di James, che invece esprime, afferma, sostiene sguazzandoci dentro come un pesce felice.

Oltre la famiglia, che nonostante le mancanze è pur presente, ci sono altri personaggi di rilievo: John il collega di sua madre, per il quale James nutre simpatia e forse considera un possibile amico.

Il tema della omosessualità è appena sfiorato e forse l’autore non ha voluto approfondirlo volutamente. Ne è un esempio il dialogo al ristorante quando il padre gli chiede: Sei gay? E James gli risponde elusivo, aprendo una parentesi di disquisizioni, domande a domande, riflessioni molto eloquenti sulla bocca di un diciottenne, senza però dargli una risposta conclusiva.

Non voglio aggiungere altro alla storia che trovo meravigliosa e scorrevole pur senza azione e colpi di scena. È propria questa la letteratura che preferisco, quella che va oltre la trama, oltre gli avvenimenti, godibile per il contenuto corposo, carico di significati, sentimenti, valori, che ti porta naturalmente alla identificazione nel personaggio (grazie anche alla narrazione in prima persona) e a vivere con lui ogni vicenda nel bene e nel male.

Questo è il pregio che rilevo come lettrice, mentre come “persona che scrive” devo elogiare, inchinarmi a Cameron per la sua sublime capacità di impostare, condurre, approfondire e far parlare il dialogo. Ogni scrittore lo sa, non c’è niente di più difficile della scrittura di un dialogo (sembra che i bravi scrittori si riconoscano da questo). Ed è incredibile come Cameron riesca invece a dare in quello scambio di battute tutta la forza, il colore, il tono, la funzionalità, il calore, l’efficacia, la credibilità, la verità, necessari a renderlo perfetto. Sono i dialoghi oltre alla narrazione a creare i personaggi e a restituirceli così reali, come se fossero lì davanti a noi, appena oltre il confine della pagina.

Un bello spaccato dell’America post 11 settembre, che, insieme alle vicende personali di una famiglia americana, racchiude in sé tutta l’incertezza, la precarietà l’instabilità di un periodo assai complesso e nebuloso. Non mi sono meravigliata quando ho letto che da questo libro è stato tratto il film omonimo del regista italiano Faenza. Lo vedrò di sicuro. Concludo, per lasciarvi alla lettura di questo meraviglioso libro che spero possa appassionarvi, come ha appassionato ed entusiasmato me. Io nel frattempo comincerò il prossimo dell’autore Quella sera dorata, acquistato fresco fresco.

di Antonella Cipriani

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