WEN – VISIONI – Il Visionario – Massimo Acciai Baggiani & Renato Campinoti

Lo chiamavamo “il Visionario” per via delle visioni che diceva di avere. Non molto originale da parte nostra, d’accordo, invece le sue visioni lo erano eccome originali! Il vero nome lo avevamo a poco a poco dimenticato, giù al circolo; ormai per tutti quelli che lo conoscevano era semplicemente il Visionario. Non ricordiamo quando iniziò di preciso: un giorno di qualche anno fa si imbambolò durante un’accesa discussione calcistica e rimase in stato di trance per quasi dieci minuti, durante i quali ci preoccupammo non poco. Quando si riprese farfugliò qualcosa riguardo a un mostro del futuro che non avrebbe immaginato neanche Lovecraft. Ce lo descrisse nei minimi dettagli, come se lo avesse visto davvero, compreso sentire l’odore non proprio invitante. Il mostro sarebbe vissuto sulla terra tra qualche millennio o milione di anni, dopo la scomparsa del genere umano; o forse le sue forme grottesche vagamente umanoidi facevano sospettare una discendenza che la ragione rifiutava.

«È un mondo morente» ci diceva, con le mani tremanti appoggiate al tavolo «illuminato da un sole rosso, smorto, sanguinoso.» Dopodiché buttò giù in un sorso lo spritz e fu incapace di continuare, troppo spaventato.

Da allora le visioni arrivano un paio di volte al mese, sempre al circolo, e riguardavano cose di un futuro, o di un passato, mostruosamente lontani e inconcepibili. Visioni di morte, di deformità, di guerre tra esseri demoniaci, di paesaggi alieni che pure appartenevano al nostro mondo – lo testimoniava la luna, presente in molte visioni, che era la stessa che conoscevamo, ora più grande, ora più piccola.

Il nostro amico non era più lo stesso: il suo carattere un tempo gioviale e pronto alla battuta era diventato chiuso e malinconico, a tratti scontroso. Lo prendevamo in giro perché eravamo a nostra volta spaventati da quelle visioni, ma gli volevamo bene, era uno di noi fin da ragazzo: il nostro era un modo per esorcizzare questa paura, e lui se ne rendeva conto ma non ci risparmiava i suoi racconti.

«Silenzio…silenzio! Forse qualcuno sono riuscito a prenderlo…qualcuno dei primi decenni degli anni duemila… un migliaio di anni prima che tutto accadesse». Andreas si guardò intorno. Erano rimasti poco più di un paio di dozzine di umani, riparati dalla grande mutazione radiale in quel minuscolo atollo, sperso negli oceani che si erano ricomposti a casaccio a seguito di quegli incredibili avvenimenti. La prima che accorse a quel richiamo fu lei, A’mina, la sua compagna di avventure da più di un paio di centinaia di anni. Anche lei, come lui, ormai vicina al termine degli effetti di rallentamento dell’invecchiamento organico che la scarsa attrezzatura che erano riusciti a salvare aveva finora loro garantito. Ma naturalmente si fecero sotto anche gli altri, scettici sulla reale possibilità che l’esperimento di Andreas potesse andare a buon fine.

Fu il giovane quindicenne Vichy, nato dopo la grande catastrofe, a chiedere spiegazioni su cosa faceva e con quale strumento.

«Vedi questo meccanismo, simile a quegli antiquati iPad di cui avrai sentito parlare. Ebbene, attraverso questi gingilli eravamo riusciti a far transitare flussi di concetti, che si traducevano in visioni vere e proprie, capaci di trapassare una quantità determinata di anni. In sostanza servivano, nel nostro mondo, per diffondere conoscenza a larghissimo raggio spaziale e temporale dopo che le classiche forme di apprendimento tradizionale erano ormai diventate obsolete rispetto alla tecnologia. Naturalmente occorrevano brevi periodi di addestramento verso coloro (talvolta anche decine di milioni di esseri umani) cui si rivolgevano». Il giovane sembrava più scettico che convinto. «E ora a chi pensi di rivolgerti?», domandò, consapevole che di tutti i dieci e oltre miliardi di esseri umani che popolavano la terra, gli unici rimasti erano ristretti lì intorno. E, per quanto giovane, consapevole anche che non era possibile rivolgersi ai nuovi mutanti (o mostri, come tutti li chiamavano) che li avevano sostituiti, che se li avessero localizzati, li avrebbero distrutti in un baleno.

A questo punto Andreas aspettò che tutti si fossero disposti in cerchio di fronte alla sua postazione, per metterli al corrente del suo esperimento.

«Sono mesi che sto mettendo mano a questo apparecchio, cercando di capire quali sostanze possono servire per allungare tantissimo il raggio temporale entro cui possa essere utilizzato. Ne ho provate di tutte. Il litio alla base della sua memoria del tempo, che non siamo in grado di procurarci, può essere sostituito e arricchito dalle sostanze ricavate da una particolare conchiglia presente nella nostra zona. Non sapevo fino a quanto potevo spingermi nella forbice temporale. Ora, forse, l’ho capito. Si può arrivare fino a prima della catastrofe. Prima cioè che il raggio di ampiezza del buco dell’ozono fosse irrecuperabile e di lì, come è avvenuto, arrivassero i mostri che hanno distrutto la razza umana e il nostro vecchio pianeta»

«E cosa pensi di trasmettere e a chi?» chiesero quasi insieme alcuni di quelli più attenti alla sua spiegazione.

«Per quanto riguarda a chi trasmettere, sono dovuto andare a casaccio, accontentandomi, per ora, di aver agganciato una persona cui trasmettere i messaggi inscatolati nella macchina che vedete. Perché questa seconda è la questione più grossa. Non possiamo costruire nuovi messaggi o visioni. Possiamo solo trasmettere quelle accumulate e salvate nel tempo dentro il meccanismo»

Il giovane Vichy e quelli che avevano fatto la domanda si guardarono negli occhi con una faccia piena di interrogativi, cui Andreas sentì il dovere di dare delle risposte.

«Per il momento trasmetto, a intervalli, nella mente di questo che ho agganciato, gruppi di immagini dei nuovi mostri così come lì ho potuti salvare nel meccanismo. Poi, un po’ alla volta, vedo di mostrare le immagini di momenti della distruzione in cui siano visibili anche gli umani distrutti o inceneriti dalle macchine infernali degli umanoidi, come li chiamiamo noi. Il problema è che se rimane solo lui, quello che ho agganciato, rischia di essere preso per uno che ha delle visioni, senza conseguenze»

Ancora una volta fu il punto interrogativo quello che si disegnò sulla faccia dei suoi ascoltatori.

«L’ideale» concluse Andreas «sarebbe di poterne agganciare almeno un altro, magari più giovane e vispo, perché veda le stesse cose e faccia nascere, in qualche uomo di scienza, il dubbio che stiamo mandando loro messaggi perché intervengano prima della distruzione totale»

Il Visionario si è bloccato ancora una volta nel bel mezzo di una discussione di niente con gli amici. Comincia ancora una volta a parlare di mostri, di scontri bestiali che stanno infiammando pezzi di territorio. Ma questa volta c’è una novità. Che lo fa impaurire più di altre volte. «Ci sono essere umani, uomini, donne, bambini…vengono annientatati a centinaia, a milioni…ma che sta succedendo? Perché tutto questo? Possibile che non si possa intervenire?»

Questa volta ci fa preoccupare davvero. Si mette perfino a piangere. Ma tutti, ormai abituati a queste scene strazianti del visionario, cerchiamo di consolarlo e niente più.

Poi arriva un giovane di poco più di tredici anni. Comincia a dire di vedere le stesse cose di cui sta parlando il Visionario. Gli si avvicina e cominciano a parlare. Ora è il giovane che anticipa il Visionario con le scene che racconta e sono le stesse per entrambi.

Gianni è lì che ascolta. Lui è assistente alla facoltà di astrofisica. Non ha capito un gran che di quelle visioni incrociate. Ma qualcosa comincia a sospettare. Si fa avanti e, quando si calmano, prende da parte il Visionario e il ragazzino.

«Domattina, per favore, tenetevi liberi. Mi dovreste accompagnare a Sesto Fiorentino, alla facoltà di scienze a parlare con i docenti che vi dirò»

I due danno la loro disponibilità. Nessuno di noi ha da dire più niente sulle visioni del Visionario.

Autore: segretidipulcinella

Direttore di Segreti di Pulcinella (www.segretidipulcinella.it)

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